Al centro degli algoritmi ci sono persone o funzioni?
L'utilizzo degli algoritmi è sempre più diffuso in molteplici settori, dai servizi finanziari alla politica, passando per il mondo dell'immigrazione e della lotta all'evasione fiscale. Sono strumenti che promettono di rendere tali processi decisionali più efficienti grazie alla velocità e precisione dell'immane mole di dati elaborati a volte in pochi minuti o ore quando in termini umani richiederebbero mesi o anni di studio.
Tuttavia, la questione non è semplice come sembra. Sebbene gli algoritmi possano essere vantaggiosi in molti casi, possono anche fare "di tutta l'erba un fascio". In effetti, a volte, applicare sempre e comunque algoritmi predefiniti può escludere le eccezioni che non rientrano in quelle categorie gestite dall'algoritmo ma sono comunque analizzate ed elaborate senza classificarle come tali. Questo errore si verifica spesso nei servizi finanziari, dove i clienti vengono valutati in base a una serie di fattori predefiniti come reddito, età, istruzione e così via. Ma cosa succede se il cliente è un imprenditore che ha appena avuto un fallimento? Il suo reddito potrebbe essere basso perché ha subito una perdita economica momentanea, ma ha ancora la capacità di riprendersi velocemente perché ha esperienza nel campo. In questo caso l'algoritmo potrebbe escluderlo a priori come possibile richiedente di un prestito.
Il problema diventa ancor più grave quando l'utilizzo degli algoritmi riguarda la politica o l'immigrazione:
Nel primo caso, gli algoritmi potrebbero essere utilizzati per effettuare campagne pubblicitarie mirate sulla base della posizione politica dei cittadini, non tenendo conto del fatto che molti cittadini in realtà non sono completamente soddisfatti con l'ideologia politica che hanno scelto di sostenere.
Nel secondo caso, gli algoritmi spesso tendono a "ragionare" in termini generici, considerando tutti gli immigrati come se fossero un'unica categoria omogenea. Questo può portare a semplificazioni eccessive e a fraintendimenti, creando stereotipi e pregiudizi nei confronti di persone che invece dovrebbero essere considerate in maniera individuale e concreta.
Per questi motivi, l'intervento umano continua ad essere necessario in molti casi. La supervisione può dunque aiutare ad affinare l'algoritmo, dal correggere eventuali errori a gestire le eccezioni che l'AI potrebbe non essere in grado di individuare da sola.
Inoltre, l'apprendimento dell'AI può essere migliorato attraverso un approccio di rielaborazione continuativo, che tenga conto delle esperienze passate e delle modifiche apportate dall'operatore umano, considerando anche eccezioni o anomalie nella statistica già elaborata, ovvero che tenga conto delle informazioni acquisite tanto nel globale quanto nel particolare. Applicare algoritmi comparativi può essere quindi una tecnologia molto utile, ma la collaborazione con il fattore umano rimane essenziale per garantire un'analisi accurata e per gestire le eccezioni che inevitabilmente si presenteranno.