Il ponte sullo stretto di Messina è ingegneristicamente realizzabile?

Main Content

Naturalis Historia: De structura pontis Messanae

Il ponte sullo stretto di Messina rappresenta da sempre un'idea tanto suggestiva quanto proposta ad intervalli regolari nell'ingegneria civile, ma mai realizzata in termini pratici nel mondo moderno.
Opera architettonico-ingegneristica riproposta anche ai giorni attuali, ha fatto riaffiorare alla memoria collettiva l'opera di Plinio il Vecchio "Naturalis Historia", nella quale si narra appunto dell'esistenza di un ponte costruito dai Romani nel 251 a.C. evidenziando anche storicamente il grande fascino esercitato da tale progetto in più epoche.
La costruzione del ponte romano sullo stretto di Messina rappresentò un'impresa eccezionale per la sua complessità e la sua grandiosità. Si tratta, infatti, del primo e unico ponte costruito sullo stretto, nonostante i Romani fossero noti per la loro maestria in campo ingegneristico. Secondo Plinio il Vecchio, il ponte era lungo circa 700 metri, e largo 5 metri, realizzato come una "passerella galleggiante", costituita da centinaia di botti vuote legate a due a due, disposte in modo tale che non potessero toccarsi o urtarsi, intervallate modularmente da barche e sovrastate da traverse di legno, in modo da formare un impalcato su cui fu steso uno strato di terra. Ai lati della passerella furono disposti dei grandi e robusti parapetti di legno, allo scopo di rinforzare la struttura e di evitare la caduta in mare degli elefanti e dei carri durante le operazioni di attraversamento. Questa struttura era capace di fluttuare leggermente, sia verticalmente che orizzontalmente, adattandosi e resistendo così alla corrente dello stretto, alle raffiche di vento e alle maree. Nonostante le descrizioni e le ricostruzioni avvalorate da fonti antiche e moderne, ad oggi non esiste traccia fisica del ponte romano a causa dei disastrosi eventi sismici che hanno colpito la zona lungo i secoli.
Ma quanto è stato difficile costruire un ponte sullo stretto di Messina ai tempi dei Romani? E come ci si dovrebbe muovere oggi per realizzare una simile impresa? Innanzitutto il ponte romano ha dovuto fare i conti con problemi in parte diversi da quelli attuali: poiché i Romani non avevano a disposizione le sofisticate attrezzature meccaniche utilizzate oggi per la realizzazione di opere ingegneristiche, facevano affidamento esclusivamente sull'opera manuale. Pertanto, a differenza dei giorni nostri, non sarebbero stati in grado, con i mezzi a loro disposizioni, di costruire piloni in grado si superare (come nei progetti attuali) l'intera distanza fra le due rive. Date queste premesse contestuali, la costruzione di un ponte in quell'epoca implicò obbligatoriamente la messa in atto di un "collegamento a sezioni" piuttosto che di un ponte sospeso ad una o più campate come l'architettura lo intende ai giorni d'oggi. Per l'epoca fu comunque un'opera di realizzazione eccezionale.
Parlando invece della possibilità di un tale progetto in "tempi moderni", il fattore geologico rappresenta senza alcun dubbio la principale problematica nella progettazione e successiva costruzione. La zona in questione è infatti una delle più sismiche d'Italia, rappresentando la congiunzione delle due faglie di Calabria e Sicilia. Per questo motivo si è ritenuto che una tecnica costruttiva tradizionale per tale opera fosse impraticabile, visti i rischi insiti nella costruzione di un ponte sopra una zona di fatto instabile, anche se disponiamo di mezzi tecnici in grado di far fronte alle calamità naturali. Non è un caso che la normativa italiana imponga legalmente una serie di vincoli e requisiti tecnico-ingegneristici riguardanti la costruzione di infrastrutture, specialmente in aree sismiche, a cominciare dall'analisi delle caratteristiche geologiche della zona. L'ipotesi progettuale attuale ha pertanto escluso a priori un ponte a più campate, individuando sulla terra ferma i punti in cui fisicamente i piloni vadano ad ancorarsi. Anche per i materiali si è pensato a quelli che trovino le migliori caratteristiche in termini di qualità e durabilità, in grado di edificare la struttura in modo adeguato per quanto riguarda il fattore funzionale (ovvero in modo tale da assorbire quanto più possibile l'energia sismica potenzialmente destinata al ponte) ed in modo qualitativo per il fattore temporale, rendendo necessario trattare i piloni e la campata stessa con materiali isolanti, asserviti a limitare erosione tanto eolica quanto marina, (si ricorda che anche se non immersi direttamente in acqua sono sempre soggetti a maggiore salinità tanto nell'aria quanto nel terreno, a causa delle violente correnti marine). In altre parole, si rende necessario utilizzare i migliori materiali che offre oggi la tecnologia per creare un ponte sicuro e stabile, per resistere ad eventi naturali di notevole portata. Inoltre, il ponte dovrebbe poter far fronte anche alla problematica legata all'allontanamento annuale delle due sponde, che potrebbe comportare nel lungo termine problemi di "statica" (stabilità) per il ponte. Si stima che la distanza di allontanamento annuale tra la Sicilia e la Calabria sia normalmente di circa 1 centimetro ogni anno (fattore non costante ovvero per alcuni anni potrebbe essere minore ma anche maggiore di 2 o più centimetri a causa dei movimenti tellurici intensi congiunti all'attività vulcanica presente). Tutti fattori che vanno ad incrementare il movimento delle faglie sismiche che si trovano lungo la zona dello stretto. Per far fronte a questo problema, sarebbe quindi necessario costruire il ponte con componenti strutturali dotati di meccanismi di allungamento "modulari e ridondanti", in grado di adeguarsi alla distanza che separa le due sponde, allo stesso tempo garantendone la manutenzione senza doverlo "smontare" del tutto o precludendone la totale agibilità durante tale fase.
Riepilogando, una struttura con adeguate misure antisismiche, modularità ed a "ponte sospeso" (ovvero senza piloni conficcati nel mezzo dello stretto) è la soluzione più adeguata per superare la lunghezza evitando le problematiche sopra dette, ma anche una volta costruito i problemi non finirebbero: si renderanno infatti obbligatorie delle verifiche in tempo reale, coadiuvate da avanzate tecnologie quali sensori fisici montati sul ponte, droni e satelliti per effettuare monitoraggi attivi e costanti della zona interessata e della relativa infrastruttura presente, per verificare che eventuali movimentazioni del terreno non precludano la stabilità delle zone di ancoraggio e sostegno.
Alla luce di tutto ciò si manifesta come dato di fatto che si tratterebbe di un opera che richieda più sforzi manutentivi che costruttivi: in uno stato ben "famoso" per la triste sorte di opere analoghe proprio per una carenza in tali controlli e manutenzioni, causando più di una volta decine di morti evitabili, rappresenta uno scoglio tutt'altro che facile da sormontare.
Pertanto la realizzazione di un ponte sullo stretto di Messina, pur non essendo considerata come un miraggio inaccessibile, né tanto meno come un'impresa irrealizzabile richiede sforzi in una visione a trecentosessanta gradi. La scienza e la tecnologia sono sempre più avanzate, e quindi diventa sempre più facile condurre studi e ricercare soluzioni tecniche innovative per affrontare i problemi (difficili da superare ma non impossibili), ma è l'agire dell'uomo a deciderne le sorti, come d'altronde fecero i Romani, adottando al meglio le soluzioni ingegneristiche disponibili al tempo.
In ogni caso si rifletta sulla creatività tecnica della mente dell'uomo, che lo ha sempre spinto in ogni epoca a realizzare opere grandiose. Tuttavia tutto deve fare i conti con il tempo, anche scienza e tecnologia, insegnandoci in questo caso che non basta costruire, bisogna anche preservare.