E' possibile dare una definizione univoca dell'intelligenza?
L'intelligenza è un tema affascinante e complesso, che da sempre ha affascinato filosofi, psicologi e biologi. In più, negli ultimi decenni, anche ingegneri ed informatici si sono cimentati in questo campo, nel tentativo di riprodurla in ambito elettronico. Tuttavia, definire in modo preciso ed univoco chi o cosa sia "intelligente" è un quesito tutt'altro che risolto. Come sottolineato nell'introduzione, infatti, l'intelligenza è un concetto caratterizzato dalla mancanza di un riferimento oggettivo di paragone. Ciò significa che non esiste un criterio preciso, misurabile e definibile in modo univoco, piuttosto è possibile individuare una serie di caratteristiche o canoni che suggeriscano la tendenza ad un'associazione ed elaborazione di eventi o informazioni verso una risoluzione efficiente dei problemi che vengono posti.
In questo senso, l'intelligenza può essere astrattamente identificata come la capacità di un sistema, di computare informazioni nel modo più completo possibile, ovvero cercando di calcolare quante più variabili di un qualsiasi ambiente in modo efficace e creativo. Questo per giungere alla risoluzione di uno o più specifici quesiti ovvero, per dirla in modo matematico, all'individuazione di dati sconosciuti partendo da alcuni conosciuti, adattando tale metodica alle più disparate incognite ed apprendendo da esperienze passate. Pertanto, l'idea stessa di intelligenza non si può ridurre a una semplice comparazione diretta dei mezzi o dei valori noti a disposizione, ma richiede una capacità che va oltre l'elaborazione lineare, verso ciò che sia definibile "euristico", termine derivante dal greco che significa appunto "trovare" una soluzione al problema.
Per capire meglio cosa si intenda per elaborazione euristica, è utile fare un esempio tratto dalla vita quotidiana: quando ci troviamo di fronte a una situazione imprevista, la nostra mente non procede in modo automatico, ma attiva delle strategie di previsione e supposizione volte a risolvere il problema attraverso associazioni alternative e sperimentazioni. Questa modalità di elaborazione rappresenta una caratteristica importante del concetto stesso di intelligenza.
A livello biologico, tutto ciò è una proprietà che si sviluppatasi nel corso dell'evoluzione degli organismi, in connubio con la capacità fisica di adattarsi all'ambiente ed interagire con questo nel modo più efficiente. Gli studi attuali definiscono il livello di efficienza di tale interazione con la complessità ed il numero delle associazioni sinaptiche, che concedono di fatto la capacità di apprendere nuove informazioni oltre quelle geneticamente innate. Negli organismi più sviluppati, questo ha portato alla comunicazione verbale, alla capacità di empatia e sentimenti complessi.
A livello informatico l'obiettivo di creare sistemi capaci di elaborare e risolvere problemi è stato analizzato fin dagli albori dell'informatica. Senza scendere troppo nei dettagli, è però solo negli ultimi anni che la capacità di calcolo degli elaboratori è stata tale da poter essere applicata nelle stesse mansioni umane, ma in che modalità? Si precisa subito che gli attuali algoritmi si basano principalmente su apprendimento e comparazione statistica, ovvero per ora sono deficitari di autodeterminazione, il che significa che non sono in grado di andare oltre lo scopo per cui sono stati programmati, né tanto meno sono in grado di orientarsi sul modello umano, non tanto per complessità ma per creatività.
In altre parole, i sistemi di intelligenza artificiale attuali sono di fatto ad "euristica avanzata zero" rispetto ai canoni precedentemente descritti. Questo non significa che tali strumenti siano inutili o non performanti, ma che invece possono esprimere il meglio della loro efficienza in contesti specifici, ovvero quelli che richiedono l'elaborazione su larga scala di grandi quantità di dati. Poiché per un sistema umano è di fatto impossibile una tale velocità mnemonica elaborativa, la cosiddetta "intelligenza artificiale" è un validissimo aiuto che, nei campi dove eccelle, è anche superiore alla comparazione umana, sempre tenendo presente che, a data attuale ed in virtù dei limiti prima elencati, non è totalmente sostituiva in ambito di flessibilità dell'intelligenza biologica.
Questa constatazione ha importanti implicazioni per il futuro sviluppo dell'intelligenza artificiale, che dovrà superare tali limitazioni per avvicinarsi sempre più alla complessità del funzionamento sinaptico e neurale delle menti biologiche. C'è infatti chi sostiene che, con il progressivo aumento della potenza di calcolo, tale flessibilità sarà emulabile ad un livello tale che non si noteranno in pratica le differenze. Se si vuole arrivare a questo, la capacità degli algoritmi dovrà giungere quindi almeno ad un'emulazione della capacità di elaborazione euristica, accrescendo esponenzialmente la potenza delle reti neurali artificiali stesse tramite algoritmi di apprendimento basati su principi di intelligenza artificiale evolutiva.
Ci sono poi correnti di pensiero che associano coscienza ed intelligenza, mettendoli su uno stesso piano da un punto di vista esistenziale: secondo tale visione la coscienza, ovvero auto riconoscimento della propria esistenza è una condizione (se non sufficiente) almeno necessaria affinché esista anche l'intelligenza. Di fronte questa ultima affermazione, l'intelligenza artificiale, come detto prima, non si prefigge uno scopo o un perché, pertanto siamo ben lontani da una "autocoscienza artificiale", sebbene sia uno dei temi più ricorrenti della letteratura fantascientifica o nella cultura popolare, ma finora rappresenta un'ipotesi prematura, data la complessità e la specificità della struttura funzionale sinaptica umana.
Si potrebbe quindi azzardare l'ipotesi che un connubio fra un "modus operandi" euristico avanzato, unito alla capacità di autodeterminazione, ovvero la capacità di prefiggersi uno scopo, nonché di avere la curiosità ed il desiderio di comprendere ciò che ci circonda, sia ciò che "in primis" dovremmo replicare nelle macchine per far sì che possano sviluppare un tipo di intelligenza come quella "umana". Ciò comporta la realizzazione di un neurone artificiale con rapporto 1 a 1 con quello biologico, obiettivo da cui siamo per ora lontani, anche per l'effettiva mancanza di conoscenza da un punto biologico del funzionamento di quest'ultimo. In ogni caso scienza e ricerca proseguono a ritmi esponenziali rispetto al passato, pertanto tale traguardo forse non è poi così utopico.