L'assenza di Dogmi facilita gli Avanzamenti Scientifici?

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Scienza e Storia: Un'Analisi del Dogmatismo e dei Ritardi nello Sviluppo del Metodo Scientifico

Nel corso della storia, la relazione tra scienza, cultura ed avanzamento tecnologico ha assunto molte forme, oscillando tra momenti di grande progresso e periodi di stagnazione. In questo contesto che ruolo può avere avuto il tema del dogmatismo? Nello specifico le dottrine religiose hanno influenzato o frenato fortemente il potenziale dell'individuo di esercitare una logica libera ed euristica? Questa riflessione invita a esplorare l’interrogativo se la visione di una realtà che vada a porre assoluti indiscutibili abbia ritardato la nascita e l'adozione del metodo scientifico. Il connubio tra fede e scienza ha ostacolato, in determinati periodi, l'emergere di procedure scientifiche efficaci? Ed ancora: la separazione tra dogma e scienza ha contribuito all'instaurazione di uno spontaneo pensiero che abbracciasse il metodo dimostrativo pratico delle ipotesi?
Da un punto di vista prettamente funzionale, la comprensione moderna della biologia umana, in particolare delle sinapsi cerebrali, ci porta a considerare che la nostra capacità di ragionare, interrogarsi e innovarsi è rimasta praticamente invariata nei recenti millenni (riferendoci evoluzionisticamente alle civiltà di cui abbiamo memoria storica). Ovvero, sebbene i contesti culturali e sociali siano cambiati, lo scorrere dimensionale in cui sono avvenuti rappresenta un periodo assai modesto per un cambiamento genetico significativo. Pertanto è possibile affermare che l’umanità possiede un potenziale di risorse cognitive che, nel ristretto arco temporale che definisce il nostro progresso civico e scientifico, non ha permesso un'evoluzione della nostra specie che sia andata a modificare modalità e condizioni dello sviluppo del nostro "modus cogitandi, pensandi et operandi". D'altronde l'evoluzione dai primati agli ominidi viene stimata tra i sei e gli otto milioni di anni mentre la nostra specie "Sapiens" (parallelamente al congenere "Neandertal") appare circa duecentomila anni fa.
Si può quindi affermare che il funzionamento genetico della conoscenza sensoriale, che implica il desiderio di apprendere e la curiosità intellettuale, che rappresentano alcuni tra i fattori intrinseci della natura umana, possano essere considerati negli ultimi decine di migliaia di anni delle storie delle etnie locali praticamente immutati. Secondo tale assunto, il sistema stesso di tradizione (scritta od orale che sia) che possiedono le civiltà note, dovrebbe quindi far puntare la curva dell'evoluzione generale della comunità stessa verso una funzione monotòna crescente e costante, indipendentemente dal fine per cui tale progresso sia stato storicamente utilizzato. Tuttavia, nonostante tale potenziale, si può osservare che la storia della scienza ha subito freni significativi (per non dire inversioni di marcia), specialmente in contesti dominati da dogmi religiosi: si sono imposte regole e princìpi che dovevano essere ritenuti indiscutibili, che andavano a stabilire visioni del mondo talmente rigide da ostacolare il pensiero critico. Un aspetto cruciale che aiuta a capire il legame tra dogmatismo e repressione è rappresentato dall'associazione del pensiero stesso con il potere politico e sociale. Quando un sistema di governo è autarchico e totalitario, la necessità di mantenere il controllo sulla popolazione diventa fondamentale per la sua sopravvivenza. In tali contesti, le idee e le teorie che contraddicono la visione del mondo promulgata dai governanti spesso vengono percepite non solo come sfide intellettuali, ma come minacce dirette all’autorità. Questa dinamica genera una reazione difensiva, in cui le istituzioni di potere impiegano la repressione come strumento per soffocare qualsiasi dissentimento. Non rappresentano certamente una novità gli esempi di come i regimi totalitari, attraverso la soppressione dei dissidenti e la censura delle idee, tentino di consolidare la loro influenza e ridurre al silenzio coloro che osano mettere in discussione il pensiero dominante. Questo non si ferma quindi all'eliminazione dei soli avversari politici, ma si estende all'estirpazione di scienziati e intellettuali che suggeriscono teorie scientifiche o concettuali contrarie alla linea ufficiale. La censura e lo sterminio delle idee sono stati sempre capisaldi di tali sistemi amministrativi: in questo contesto il dogma diventa non solo un insieme di credenze, ma anche uno strumento di controllo sociale: tanto più rigido e assoluto è il dogma, tanto maggiore è il livello di repressione diretta a preservare il consenso e l’unità apparente di una società, creando così un ambiente ostile alla libertà di pensiero e all’innovazione. Appare quindi evidente che il connubio tra totalitarismo politico e pensiero religioso rappresenti l'ambiente ideale tanto per imporre il proprio potere sugli altri, quanto per giustificarlo da un'acquiescenza soprannaturale.
La storia è pertanto costellata di episodi in cui scienziati e pensatori sono stati ostacolati o perseguitati per aver messo in dubbio le dottrine religiose dominanti, fenomeno esteso anche a diverse culture e religioni in tutto il mondo. Si potrebbe porre come caso emblematico la condanna di Galileo Galilei, uno dei padri del metodo scientifico moderno, (dato che di tale questione stiamo disquisendo) che ne rappresenta un esempio chiave ed attuale: egli sostenne un modello eliocentrico del sistema solare contrapposto alla visione tolemaica geocentrica sostenuta dalla chiesa, la cui reazione fu di silenziarlo e metterlo sotto processo. Si rammenta che il modello eliocentrico sembra fosse già noto nel periodo ellenistico, come storicamente documentato dalla "Macchina di Antikitera", un vero e proprio calcolatore differenziale di orbite planetarie e cicli lunari che venne praticamente dimenticato dal pensiero scientifico fino a che non fu rinvenuto nel secolo scorso nel relitto di una nave probabilmente naufragata intorno al 100 a.C. Anche in quest'ultimo caso sorge la domanda: tale oscurantismo fu dovuto alla mancanza di un metodo scientifico comprovato oppure in favore di dogmi verso il pensiero maggiormente diffuso?

Si citano a titolo esemplificativo pochi, ma significativi esempi di come una cultura dogmatica di massa abbia di fatto ritardato la ricerca di una verità scientifica.
I filosofi greci e la religione politeista:
Nella Grecia antica, molti filosofi, come Anassagora e Socrate, si contrapposero alle credenze religiose tradizionali. Anassagora propose che il Sole fosse una grande massa di metallo incandescente e non una divinità, sostenendo una visione sicuramente più razionale del cosmo. Socrate, d'altra parte, indagava sulle definizioni di virtù e giustizia, e attirò l'ira delle autorità religiose per il suo scetticismo nei confronti delle divinità tradizionali della Grecia. Venne pertanto condannato a morte nel 399 a.C. per "corruzione della gioventù"-
I pensatori arabi durante il Medioevo:
Durante il periodo dell'Islam primitivo, pensatori come Al-Farabi, Ibn Sina (Avicenna) e Ibn Rushd (Averroè) contribuirono enormemente alla filosofia e alla scienza. Tuttavia, alcuni dei loro scritti furono successivamente soppressi, in particolare dal teologo Al-Ghazali, che criticò l'uso della ragione in contrasto con la fede religiosa. Al-Ghazali, attraverso la sua opera "La distruzione dei filosofi", sostenne che la conoscenza razionale non può competere con la rivelazione divina. Le idee di Ibn Rushd furono duramente condannate ed i suoi scritti bruciati in più regioni dell'impero islamico, bloccando così un potenziale progresso scientifico.
Giordano Bruno e la chiesa:
Ancor più di Galileo, Giordano Bruno, filosofo e cosmologo del tardo Rinascimento, espresse teorie che sfidavano le dottrine religiose dell'epoca, ipotizzando un universo infinito e sostenendo l'esistenza di altri mondi abitati. La sua visione dell'universo e la sua negazione di alcune dottrine cristiane lo portarono a essere processato dall'inquisizione. Nel 1600, fu condannato a morte e bruciato sul rogo nella piazza Campo de' Fiori a Roma.
Il sistema astronomico tradizionale cinese:
Nella Cina imperiale, la tradizione confuciana e le relative credenze erano dominanti. Il cosmologo cinese Zhang Heng (78-139 d.C.) fece scoperte significative nel campo dell'astronomia, che lo portarono a realizzare un sistema planetario molto più vicino al sistema eliocentrico rispetto ai modelli tolemaici tradizionali. Sebbene non vi fosse una persecuzione diretta come quella in Europa, la mancanza di un riconoscimento da parte di altri astronomi e la resistenza all'innovazione scientifica configurarono un ambiente che scoraggiava il progresso rispetto alle dottrine tradizionali, esprimendo di fatto una dogmatica rigidità culturale.
Il movimento Copernicano e le reazioni in altre culture:
Anche in altre civiltà, la proposta di un modello eliocentrico del sistema solare da parte di Niccolò Copernico fu accolta con scetticismo e ostilità. Ad esempio, nel Giappone Tokugawa (1603–1868), le idee moderne sull'astronomia furono ritardate dalla forte influenza del confucianesimo e del buddismo, che ponevano l'accento su una visione geocentrica dell'universo. Le idee occidentali furono spesso limitate e censurate, ostacolando la diffusione del pensiero scientifico.
Il caso di Hypatia di Alessandria:
Hypatia, matematica e filosofa del IV secolo d.C., è un altro esempio significativo. Vissuta mentre il cristianesimo stava diventando la religione predominante, Hypatia era un'ardente sostenitrice della filosofia platonica e della scienza. La sua influenza e il suo insegnamento la resero un bersaglio di fanatici religiosi. Nel 415 d.C., fu brutalmente assassinata da una folla di cristiani, simbolizzando la crescente tensione tra scienza, filosofia e religione.
Louis Pasteur e la teoria dei germi:
Anche se non si tratta di una persecuzione nel senso tradizionale, nel XIX secolo Louis Pasteur affrontò forti opposizioni da parte della comunità scientifica e religiosa per le sue teorie sulla germicità delle malattie. La diffidenza da parte di molti medici e scienziati nei confronti di studi e ricerche sui batteri era infatti influenzata da dottrine mediche tradizionali e da una comprensione obsoleta della salubrità, dimostrando come anche in epoche non così remote, la stagnazione ideologica potesse ostacolare l'accettazione di nuove idee scientifiche.

Tornando quindi nel contesto di avanzamento storico, fino all'età ellenistica si è visto un fiorire di scuole che in parte sono state abbandonate durante il medioevo. Tuttavia anche questo periodo ha visto numerosi progressi tecnici: tra il V e il XV secolo, ci sono stati significativi sviluppi nel campo dell'agricoltura, come l'introduzione dell'aratro pesante, che ha permesso una maggiore lavorazione del suolo, e l'adozione della rotazione delle colture, che ha migliorato la resa agricola. Queste innovazioni hanno contribuito a un incremento della popolazione e a una maggiore stabilità delle comunità. Tuttavia, questa crescita tecnologica non si è tradotta in un'adozione di un vero e proprio metodo scientifico. La filosofia aristotelica, che aveva dominato il pensiero occidentale per secoli, era fortemente dogmatica: l'idea che la verità potesse essere semplicemente dedotta dall'osservazione del mondo naturale e dall'analisi razionale ha limitato il ricorso all'esperimento. Gli studiosi medievali si concentravano sull'interpretazione dei testi antichi, piuttosto che sullo sviluppo di nuove teorie basate sulla sperimentazione diretta della natura.
Esemplificativa di tale pensiero è la scolastica, ovvero la filosofia cristiana medioevale, in cui si sviluppò il metodo di pensiero detto appunto "scolastico". Il carattere fondamentale di tale dottrina consisteva nell'illustrare e difendere le verità di fede con l'uso della ragione, verso la quale si nutriva un atteggiamento positivo. A tal fine, essa privilegiò la sistematizzazione del sapere già esistente rispetto all'elaborazione di nuove conoscenze. Era permeata da una visione aristotelica e tendeva a vedere come irrilevante qualsiasi approccio che non fosse collegato a una riflessione filosofica pura, mettendo in un piano secondario qualsiasi indagine empirica: questo ha originato una profonda resistenza nei confronti di innovazioni che avrebbero potuto nascere da un metodo scientifico rigoroso. Difatti, pur non essendo errata come metodica, la logica euristica produce molteplici ipotesi grazie all'umana intuizione, ma è solo attraverso la sperimentazione pratica che si potranno escludere quelle errate ed approfondire quelle verificate.
Ci volle il 1600 per passare appunto a questa fase sperimentale: insieme al già citato Galileo si menziona, come precursore, anche il metodo induttivo di Bacone che, sebbene deficitasse di matematica applicata alla misurazione, postulò l'importanza dell'osservazione e dell'esperimento.

La riflessione sul potenziale che sarebbe potuto emergere in assenza di dogmatismi o ideologie radicate, ci porta quindi a considerare i progressi scientifici mai avvenuti in determinate epoche storiche e che forse avrebbero potuto manifestarsi, se la scienza fosse stata accolta in modo più aperto. Immaginiamo, per esempio, una contestualizzazione sociale e politica in cui idee e pensieri liberi da preconcetti avessero trovato ascolto già nel Medioevo, quando la possibilità di un pensiero critico era già esistente, ma soffocata. Se non ci fossero stati assunti rigidamente imposti, molte scoperte avrebbero potuto emergere con secoli di anticipo. Progressi come la tavola periodica degli elementi avrebbero potuto essere concepiti e verificati: infatti pensatori classici, come Democrito, avevano già ipotizzato che la materia fosse composta da atomi; tuttavia, la loro visione fu in gran parte trascurata in favore di interpretazioni più filosofiche che scientifiche o pratiche verso il mondo naturale, nel senso che l'atomo veniva visto come un concetto che, in quanto già espresso, non necessitava di approfondimento, pertanto non si è posto il dubbio dell'investigazione su quale potesse essere la sua forma fisica. Si invece è dovuto attendere il 1869 quando il chimico russo Dmitrij Ivanovič Mendeleev stilò una tavola periodica, che ha permesso di classificare gli elementi in base alle loro proprietà chimiche. In un contesto più ampio e libero, potremmo aver raggiunto una comprensione chimica profonda secoli prima, quando alcuni elementi erano già stati identificati da alchimisti e filosofi, si sarebbe potuto creare una coscienza scientifica che inducesse a tralasciare presunte proprietà magiche di tali esperimenti in favore di una stesura più oggettiva e completa. Si sarebbe quindi potuto realizzare un balzo tecnologico che sarebbe sfociato in applicazioni che avrebbero abbracciato la matematica e di conseguenza la fisica e l'ingegneria. Se la scienza avesse goduto di un ambiente privo di pregiudizi, avremmo potuto assistere a manifestazioni di una rivoluzione industriale già attorno all'anno 1000 d.C., ben prima di quella avvenuta nel XVIII secolo. Immaginare tutto questo con mille anni di anticipo, sebbene sia un'ipotesi di controfattualità storica, ci invita a riflettere sulle potenzialità non sfruttate delle conoscenze accumulate nel mondo antico: prendendo in considerazione il contesto storico e le invenzioni già esistenti, possiamo dedurre come una serie di fattori, combinati con la disponibilità di tecnologie avanzate, avrebbero potuto precorrere la costruzione di macchine ben più avanzate per l'epoca. D'altronde i presupposti erano già presenti: nel periodo ellenistico, il geniale inventore Erone di Alessandria progettò una macchina a vapore nota come "aeolipile": questo dispositivo, semplice ma ingegnoso, sfruttava il principio di conservazione del calore e del vapore per generare movimento rotatorio, attuando quindi il concetto di trasmissione motoria. Se tale tecnologia avesse trovato un'applicazione pratica duratura, è possibile che l'umanità avesse anticipato ad esempio la costruzione del treno a vapore.
Tuttavia, realisticamente parlando e contestualizzando il periodo storico, le strutture sociali e culturali erano ancora dominate da una visione prevalentemente agraria, il che significava che il concetto stesso di una meccanizzazione, ed in particolare della sostituzione di lavoro umano con dispositivi motorizzati, risultava opposta agli scopi e convinzioni prevalenti. Un' industrializzazione avrebbe richiesto per i tempi più che un'innovazione scientifica, una predisposizione culturale ad accogliere e sviluppare tali tecnologie. Non ci si deve quindi stupire più di tanto se il contesto storico in cui la macchina a vapore sarebbe stata accettata venne secoli dopo, ovvero quando fu presa in considerazione l'idea di facilitare velocità produttiva, realizzazione di manufatti meccanizzati e così via. Tali progressi portarono pertanto ad un salto in avanti anche in campi architettonici ed ingegneristici, quali la costruzione di grandi edifici e impianti di produzione su larga scala, che di fatto hanno steso la trama su cui si è formato il substrato necessario per una società industriale.

Tutto questo ci sia di monito per i tempi attuali: Difatti nell'anaciclosi storica gli avvenimenti propri umani tendono alla recidiva. Anche ai giorni nostri abbiamo sistemi governativi totalitari, anche nell'attualità quotidiana abbiamo esempi di censura o disinformazione. Tutte cose che hanno origine nella mente umana stessa, in quanto è l'individuo che, per convinzione o scopo, crea dogmi nel proprio pensiero. Non è difficile pertanto, anche nell'interconnesso mondo tecnologico attuale, imbattersi in teorie per le quali la definizione "antiscientifica" sarebbe di gran lunga riduttiva. Difatti le tesi avvalorate da comprovate metodologie duramente conquistate nei secoli, grazie alle quali si è arrivati ad una definizione di realtà sempre più accurata, vengono spesso considerate al pari di un qualsiasi punto di vista, se non meno. La causa principale di tale fenomeno viene attribuita ad un crescente analfabetismo di ritorno sempre più esteso, ma potrebbe essere posta la domanda: anche questo è un dogma?