Zaporizhzhia: Chernobyl 2.0?
Negli ultimi tempi i media internazionali hanno dedicato molta attenzione alle notizie riguardanti la centrale nucleare di Zaporizhzhia in Ucraina. Questa si trova a 200 km dalla Crimea e circa 700 km a est della centrale nucleare di Chernobyl. Un nome che rievoca l'incidente del 1986 (uno dei peggiori disastri nucleari della storia, con danni ancora presenti e permanenti per centinaia di anni), che da solo basta ad incutere ansia e timore. Una "Chernobyl 2.0 a Zaporizhzhia" potrebbe rappresentare un irreparabile disastro di stessa entità per tutta l'Europa e non solo?
Per comprendere tale situazione, è necessario fare un rapido salto indietro nel tempo. Nel 2014, la Russia ha annesso la Crimea, che ha spinto il governo ucraino ad aumentare la produzione di energia per coprire le perdite energetiche causate dal blocco di carbone e gas. Il risultato è stato che la centrale di Zaporizhzhia è stata costretta a diventare uno dei pilastri chiave dell'energia nucleare del paese. Tuttavia, il governo ucraino è subentrato a una grave crisi politica ed economica, che ha determinato la mancanza di fondi per la necessaria modernizzazione della centrale nucleare e la scarsità di risorse per garantirne la sicurezza, specie in un contesto bellico. Difatti la centrale nucleare si trova in una zona geopolitica molto volatile, tutt'ora sotto continui attacchi, che rendono complicato anche il solo accedervi, dato che dal marzo 2022 è un bersaglio strategico nella guerra attualmente in corso in Ucraina. Se a questo si aggiunge che la centrale nucleare di Zaporizhzhia è stata costruita negli anni '80 (quando esisteva ancora l'Unione Sovietica) e molte componenti dell'impianto hanno superato o stanno superando il loro ciclo di vita tecnico, è facile evincere che le preoccupazioni per la sicurezza a Zaporizhzhia siano più che giustificate: un grave disastro nucleare potrebbe avere un grave impatto sulle persone, sull'ambiente e sull'abitabilità dell'Europa stessa.
Senza entrare in tecnicismi non siamo in presenza di reattori RBMK a coefficiente di vuoto positivo, bensì si tratta di VVER a coefficiente negativo, ovvero utilizzano acqua come moderatore il che rende i reattori VVER più sicuri rispetto ai reattori RBMK, in quanto l'acqua è un moderatore meno sensibile alle variazioni di temperatura rispetto alla grafite, utilizzata come moderatore nei reattori RBMK. Ciò significa che i reattori VVER sono meno sensibili ai cambiamenti di temperatura e pressione, e che i rischi di incidenti e di esplosioni sono generalmente ridotti.
Sebbene in questo caso quindi non ci sia un vero e proprio rischio di "esplosione" del reattore (inteso come un incontrollato aumento di potenza, eccessiva pressione e relativa rottura del contenimento, con successivo incendio derivato dal contatto tra idrogeno e grafite delle barre di controllo con l'ossigeno presente nell'aria, come accadde a Chernobyl), dato che il sistema è totalmente differente e non utilizza la grafite come moderatore, il pericolo più tangibile rimane quello di una fuga radioattiva, potenzialmente causata da un bombardamento esterno in grado di danneggiare il rivestimento del combustibile nucleare. Si assisterebbe quindi ad una contaminazione della zona circostante, ovvero un inquinamento atmosferico dovuto da materiale esposto o sollevato da eventuali esplosioni missilistiche. Geograficamente parlando la zona interessata è quella del Mar nero, oltre ai principali fiumi dell'Europa orientale (che sono direttamente collegati alla centrale), che verrebbero irrimediabilmente contaminati. Tuttavia questo scenario non deve essere inquadrato in una scala di disastro "inferiore", proprio in virtù del fatto che rappresenterebbe comunque una fuoriuscita radioattiva in grado di causare malattie e tumori. Tutti pronostici estremamente negativi e potenzialmente letali per le forme di vita presenti nell'area, che diverrebbe insicura per un'estensione di migliaia di chilometri quadrati.
Per evitare il rischio di un disastro nucleare a Zaporizhzhia, la migliore strategia fino ad ora ritenuta praticabile (e logica) è quella ovviamente di fermare la guerra, ovvero trovare una soluzione pacifica al conflitto. In questo modo si potrebbero porre le basi per una maggiore sicurezza della centrale e dell'area in generale nel suo complesso, anche sul lungo termine.
L'Unione Europea si è impegnata in numerose occasioni a favore di una risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina, puntando sul dialogo e sulla negoziazione con le parti in causa. Tuttavia, finora i risultati sono stati limitati, facendo quindi crescere la preoccupazione della comunità internazionale.
In questa situazione di instabilità sarebbe importante anche far capire alle parti in causa che prendere una serie di misure di prevenzione gioverebbe molto alla sicurezza tanto per la centrale quanto per loro. Queste includono la monitorizzazione (come già avviene) dei livelli di radioattività, che vadano però oltre il normale controllo di routine, ovvero si accentuino al fine di prevenire possibili fughe da zone "a rischio" (ad esempio dove c'è lo stoccaggio del combustibile nucleare), per garantire la massima sicurezza degli impianti. Strategia che potrebbe includere anche un maggiore coinvolgimento delle organizzazioni internazionali, come l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (IAEA), che stanno svolgendo un ruolo attivo nella promozione della sicurezza nucleare in tutto il mondo.
Non a caso l'Unione Europea (ben prima del conflitto in corso) ha messo in atto una serie di misure per garantire la sicurezza nucleare in Europa. Nel 2014, in risposta al disastro nucleare di Fukushima, è stata approvata una direttiva sulla sicurezza nucleare, che impone agli Stati membri di sottoporre tutti i loro impianti nucleari a rigorosi test di resistenza, al fine di identificare eventuali rischi e scongiurare scenari catastrofici. L'UE ha anche creato un'Agenzia per l'Energia Nucleare con il compito di fornire un sostegno tecnico, scientifico e regolamentare per migliorare la sicurezza nucleare in Europa.
Pertanto la situazione a Zaporizhzhia rimane critica: con tutti i sopracitati fattori che potrebbero influire sulla sicurezza della struttura, è fondamentale che la comunità internazionale rimanga vigile riguardo a questa situazione, monitorando costantemente gli sviluppi del conflitto e promuovendo attivamente la sicurezza nucleare in tutta Europa. D'altronde le esperienze storiche passate dovrebbero farci più che da monito riguardo gli effetti di un incidente nucleare: la fisica non fa eccezioni.